La capacità e lo status costituiscono ancora oggi le coordinate giuridiche lungo le quali si registra l'evoluzione della condizione della persona umana nonché il significato, l'estensione e i limiti dei suoi attributi. Si profila, così, la necessità di seguire - in una sorta di inventario ciclico - il passaggio dallo status al contratto, dal contratto allo status e di approdare, attraverso la polisemia moderna del termine ovvero attraverso la sua pretesa irrilevanza, all'unicità dello status personae, per cui l'uomo riceve protezione dall'ordinamento per il suo stesso esistere.
Il fondamento normativo è nell'art. 2 cost. Lo status peraltro è il presupposto della capacità giuridica. Questa, pur declinata nella sua identificazione con la soggettività , non acquista importanza se non si delinea la trasformazione del soggetto in persona. Ma di una persona in situazione, nella dimensione concreta delle condizioni personali e sociali, dei suoi diritti, dei suoi bisogni, dei suoi doveri.
Intesa in tal senso, la capacità giuridica si differenzia dal valore della personalità . Immediate e ineludibili le conseguenze: ad esempio, in tema di condizione giuridica del nascituro. La stessa tradizionale dicotomia capacità giuridica-capacità di agire, che pur conserva utilità di impiego nell'ambito delle situazioni patrimoniali e trova un indubbio fondamento normativo, non si giustifica per le situazioni esistenziali.
Qui determinante diventa il parametro della capacità di discernimento, slegata da ogni riferimento all'età e collegata al raggiungimento della maturità di giudizio della singola persona.
Il minore, in questa prospettiva, rinviene sicura attenzione e valida promozione dello sviluppo armonico della personalità .
Nell'indicata direzione si muovono, oggi, molteplici dati legislativi e l'esperienza giurisprudenziale, italiana e comunitaria. Nel novero di tali categorie generali si tenta di inserire anche la legittimazione.
La nozione conosce una serie di accezioni che spaziano dal diritto sostanziale a quello processuale e, quindi, ne snaturano la pregnanza. Si pensi soltanto ai rapporti con l'autonomia privata e con la titolarità .
Ma la legittimazione, come categoria, può avere un senso per il linguaggio giuridico e un'utilità anche per il diritto positivo, se con essa si riesce a riconquistare il concreto dell'esperienza reale, che dipende e si riassume nell'assetto di interessi disposto con un specifico atto o contrattazione, nel contegno del singolo soggetto e nelle condizioni in cui questi è effettivamente costretto ad agire.