INDICE SOMMARIO
Introduzione ...................................... . 1
CAPITOLO 1
LA RAGIONEVOLE DURATA DEL PROCESSO
1. L’art. 96 c.p.c. nel quadro del codice di procedura civile e dei principi
costituzionali .................................. . 15
1.1. La lite temeraria ed i suoi diversi ambiti: presupposti e profili
processuali ............................... . 19
2. La costituzionalizzazione del principio della ragionevole durata del pro- cesso ....................................... . 22
3. La sollecita definizione del processo .................... . 23
4. Il potere ordinatorio del giudice e la ragionevole durata del processo . . 26
5. Il potere di direzione del giudice e il rispetto del principio del contraddittorio ....................................... . 30
6. L’attuazione dei principi costituzionali del giusto processo e della ragionevole durata del processo .......................... . 31
7. Equa riparazione e “rimedi preventivi†................... . 32
8. La presunzione iuris tantum dell’insussistenza del danno da irragionevole
durata del processo e la sua applicabilità in termini temporali ..... . 34
8.1. La disciplina dell’onere probatorio dettata dalla norma ..... . 36
9. Superamento del termine per il deposito dei provvedimenti giurisdizionali
e del termine di ragionevole durata del processo ............. . 38
10. La cancellazione giudiziale della domanda trascritta e la ragionevole durata
del processo .................................. . 40
11. Il procedimento di correzione degli errori attua il principio costituzionale
della ragionevole durata del processo .................... . 41
12. Ordinato svolgimento del giudizio e tutele della parte convenuta .... . 42
13. Norme di rito e ragionevole durata del processo ............. . 44
14. Principio costituzionale e criticità ...................... . 46
15. L’abuso del processo sanzionato dalla norma di rito ........... . 49
16. Ammissibilità della prova in appello e ragionevolezza della durata del
processo ..................................... . 51
V
17. La fattispecie risarcitoria ........................... . 5317.1. Ragionevole durata del processo e lite temeraria. L’equo indennizzo
ex lege Pinto .............................. . 5617.2. Diritto di difesa e lite temeraria ................... . 57CAPITOLO 2
LITE TEMERARIA E PRESUPPOSTI DELLA CONDANNA
1. Inquadramento del tema ........................... . 612. La qualificazione ................................ . 633. Il dovere di lealtà e probità ......................... . 654. La probità processuale e quella professionale ............... . 664.1. Correttezza processuale ........................ . 685. I presupposti condannatori e le condotte processuali censurabili. Cenni . 696. Il collegamento tra la pronuncia della condanna ex art. 96, comma 3, c.p.c.
e quella alle spese di lite ........................... . 717. La scelta del legislatore ............................ . 738. Le questioni discusse sulla materia della condanna ex art. 96, comma 3,
c.p.c. ....................................... . 749. Le difficoltà sull’individuazione dei presupposti .............. . 769.1. La norma antesignana e la condanna in favore della parte vittoriosa . . 789.2. Concetto di equità e valore delle locuzioni “in ogni caso†.... . 8110. La natura risarcitoria delle norme in materia di responsabilità aggravata . 8211. L’applicazione della sanzione per lite temeraria .............. . 8312. La condanna per lite temeraria ....................... . 8413. L’elemento soggettivo della mala fede o colpa grave ........... . 8513.1. L’introduzione di una forma di danno punitivo .......... . 8614. Il rapporto tra le disposizioni della norma ex art. 96 c.p.c. ....... . 8815. Il non agevole inquadramento della natura giuridica della condanna prevista dalla norma ................................ . 8916. L’elemento soggettivo al centro della disamina dei vari orientamenti . . . 9116.1. La concezione polifunzionale della r.c. ............... . 9316.2. L’aspetto risarcitorio e quello sanzionatorio ............ . 9416.3. L’agire in modo pretestuoso con abuso del mezzo processuale alla
base della condanna .......................... . 9517. In particolare sul criterio di quantificazione della sanzione ....... . 9718. La lite temeraria e i danni patrimoniali e non patrimoniali ....... . 9919. La resistenza pretestuosa in giudizio .................... . 10120. La teoria del danno punitivo ed i vari profili legati alla disciplina della
responsabilità processuale aggravata ..................... . 10321. I giudizi per prestazioni previdenziali .................... . 10622. Il danno da lite temeraria ........................... . 11123. Lite temeraria e abuso del diritto di azione ................ . 11423.1. L’abuso del diritto di azione ed il comportamento illecito .... . 116INDICE SOMMARIO
VI
CAPITOLO 3
LEALTÀ E PROBITÀ DELLE PARTI E DEI LORO DIFENSORI
1. La norma e i suoi collegamenti, in particolare la proposta conciliativa del
giudice: il rifiuto ingiustificato e la sanzione per lite temeraria ..... . 119
2. Le regole processuali e i doveri di lealtà e probità ............ . 123
3. La cancellazione del pignoramento e l’obbligo di lealtà del creditore . . 125
4. Il rapporto tra il principio della lealtà e probità processuale ed altre figure
disciplinate dal codice di rito ........................ . 130
5. Violazione dei doveri ex art. 88 c.p.c. e condanna per lite temeraria . . . 133
6. Il dovere di leale collaborazione ....................... . 136
CAPITOLO 4
RESPONSABILITÀ PROCESSUALE AGGRAVATA IN PARTICOLARE
1. Gli elementi su cui fonda la responsabilità aggravata ........... . 139
2. I presupposti dell’illecito processuale .................... . 142
3. Le due distinte forme di responsabilità previste dai primi due commi della norma ex art. 96 c.p.c. ............................ . 142
4. La qualificazione della lite temeraria: i vari elementi ........... . 144
5. La responsabilità aggravata .......................... . 145
6. La condanna per responsabilità processuale aggravata applicabile al caso di
regolamento preventivo di giurisdizione .................. . 148
7. Il significato di mala fede e colpa grave .................. . 149
8. L’elemento costitutivo della fattispecie della responsabilità ex art. 96 c.p.c.:
i diversi orientamenti a confronto ...................... . 152
9. La competenza funzionale del giudice di merito sulla domanda risarcitoria
ex art. 96 c.p.c. ................................. . 154
10. Responsabilità processuale aggravata e regime probatorio ........ . 156
11. La violazione del grado minimo di diligenza in sede di impugnazione . . 159
11.1. Quando si viola il grado minimo di diligenza: la formula della colpa
grave ................................... . 161
11.2. Le circostanze ritenute rilevanti sotto il profilo della colpa grave ai
fini condannatori ............................ . 162
CAPITOLO 5
I PRESUPPOSTI DELLA RESPONSABILITÀ AGGRAVATA:
LA SOCCOMBENZA, LA MALA FEDE O COLPA GRAVE, IL DANNO
1. Presupposti e condotta processuale integranti l’illecito .......... . 168
1.1. Le condizioni per l’irrogazione della condanna .......... . 169
1.2. L’affermazione della responsabilità processuale aggravata e le condizioni necessarie ........................... . 171
INDICE SOMMARIO
VII
2. Le fattispecie di responsabilità aggravata previste dalla norma ed i relativi
presupposti ................................... . 1722.1. La specialità della norma sulla responsabilità processuale e i presupposti
che conducono alla condanna (anche in sede di legittimità ) ..... . 1753. I presupposti dell’accoglimento della domanda di condanna per responsabilità aggravata ................................ . 1783.1. Condanna per responsabilità aggravata: presupposti ed accertamenti .................................. . 1804. L’istanza di parte ............................... . 1824.1. Escluso il concorso tra responsabilità aggravata e responsabilità per
fatti illeciti ............................... . 1845. La totale soccombenza della parte ...................... . 1855.1. La soccombenza (totale e non parziale né reciproca) elemento forte
della responsabilità aggravata ..................... . 1875.2. Le ragioni a sostegno del requisito oggettivo della soccombenza
totale .................................. . 1905.3. Soccombenza totale e danno da lite temeraria ........... . 1915.4. Le ipotesi di soccombenza che fanno escludere la ricorribilità della
condanna ................................ . 1925.5. La soccombenza reciproca non consente l’applicabilità della figura
della responsabilità aggravata ..................... . 1935.6. Gli altri requisiti. Natura della disciplina ed esclusione di un
concorso della responsabilità aggravata con l’illecito aquiliano . . 1955.7. Il duplice presupposto (positivo e negativo) ............ . 1965.8. Non si fa luogo all’esame della domanda risarcitoria in mancanza
del requisito della soccombenza totale ............... . 1975.9. Il presupposto della soccombenza totale: la critica ........ . 1976. Il danno sofferto dalla parte vittoriosa e gli effetti ricadenti sul soccombente: la prova ................................. . 1997. L’elemento soggettivo della mala fede o colpa grave ........... . 2007.1. Gli elementi costitutivi della fattispecie. La prova del danno e la
distinzione tra mala fede e colpa grave ............... . 2037.2. L’intento della norma ......................... . 2047.3. L’elemento soggettivo presupposto dell’accoglimento della domanda di condanna per responsabilità aggravata ......... . 2057.4. Responsabilità aggravata per ricorso in Cassazione inammissibile e
spunti in tema di prova del danno ................. . 2078. L’elemento soggettivo della mala fede o colpa grave ........... . 2088.1. I presupposti della mala fede o della colpa grave e l’ipotesi regolata
dal comma 3 della norma ....................... . 2108.2. L’elemento soggettivo presupposto dell’accoglimento della domanda di condanna per responsabilità aggravata ......... . 2119. Il danno e la sua prova ............................ . 2129.1. Senza la prova dell’an e del quantum debeatur, l’accoglimento della
domanda risarcitoria per lite temeraria è a rischio rigetto .... . 213INDICE SOMMARIO
VIII
10. La condanna del soccombente al pagamento di una somma ex art. 96,
comma 3, c.p.c. Cenni ............................ . 215
11. Responsabilità processuale aggravata e liquidazione del danno ..... . 216
CAPITOLO 6
LA CONDANNA PER AVER AGITO SENZA LA NORMALE PRUDENZA
1. La colpa lieve sufficiente ai fini dell’applicazione della responsabilitÃ
aggravata .................................... . 219
2. Condotta incauta del creditore e profili di responsabilità civile e processuale. ...................................... . 221
3. Responsabilità per illecito processuale da esecuzione forzata illegittima . 225
4. Il giudice competente a conoscere dell’istanza risarcitoria ex art. 96,
comma 2, c.p.c. ................................ . 227
CAPITOLO 7
DIFETTO DELLA NORMALE PRUDENZA:
LE IPOTESI REGOLATE DALLA NORMA
1. Esecuzione forzata illegittima e competenza del giudice ......... . 233
2. Il giudice competente e le relative ragioni ................. . 234
3. Il quadro ricostruttivo degli orientamenti elaborati ............ . 236
3.1. Le ipotesi regolate dalla norma ................... . 239
3.2. Risarcimento dei danni per illegittima trascrizione di domanda
giudiziale ................................ . 241
3.3. La trascrizione illegittima e l’applicabilità della norma civilistica . 245
4. Domanda di risarcimento per danni da responsabilità aggravata e autonomo giudizio: quando è possibile? ..................... . 248
5. Iscrizione d’ipoteca sui beni del debitore in misura eccedente il credito:
responsabilità processuale del creditore ................... . 249
5.1. Responsabilità processuale e principio del giusto processo .... . 253
6. Esecuzione della sentenza di prime cure senza la normale prudenza. Il
difetto di concorrenza tra azione risarcitoria generale e azione per responsabilità aggravata ................................ . 256
7. Trascrizione della domanda giudiziale e responsabilità aggravata .... . 257
8. Domanda risarcitoria e utilizzo del mezzo esecutivo ........... . 258
9. La prova del danno da responsabilità processuale aggravata ....... . 260
10. Fermo amministrativo e responsabilità aggravata ............. . 261
11. La responsabilità processuale per mancanza di normale prudenza ... . 263
INDICE SOMMARIO
IX
CAPITOLO 8
POLIFUNZIONALITÀ DELL’ISTITUTO DELLA RESPONSABILITÀ CIVILE:
DANNI PUNITIVI E COMPATIBILITÀ CON L’ORDINAMENTO ITALIANO1. La responsabilità civile: dalla fase monofunzionale a quella polifunzionale . . . 2671.1. Il panorama normativo che spinge per la multifunzionalità della
responsabilità civile .......................... . 2691.2. La posizione del giudice delle leggi in materia di polifunzionalitÃ
dell’istituto della r.c. .......................... . 2731.3. Il rapporto tra ordine pubblico internazionale e nazionale e l’applicazione dell’istituto straniero dei punitive damages......... . 2751.4. I principi di riferimento in materia di danno punitivo ...... . 2782. Il valore deterrente del risarcimento del danno da discriminazione ... . 2803. L’onere della prova del danneggiato .................... . 2843.1. La rilevanza del danno-conseguenza e l’osservanza dell’onere probatorio ................................. . 287CAPITOLO 9
LA CONDANNA SANZIONATORIA
1. Sanzione e abuso del processo ........................ . 2912. L’applicabilità della norma: primi riferimenti ............... . 2943. I presupposti della condanna in via officiosa ................ . 2964. Esercizio del diritto di azione e difesa e integrazione dell’illecito processuale ....................................... . 3015. Il terzo comma della norma ex art. 96 c.p.c.: le ragioni della scelta del
legislatore .................................... . 3036. La tesi favorevole all’estensione dell’elemento psicologico alla condanna
per abuso del processo ............................ . 3046.1. L’orientamento che esclude la necessità del presupposto dell’elemento psicologico ........................... . 3066.2. La fluidità degli orientamenti ..................... . 3077. Gli atti del processo debbono poter parlare da soli ............ . 3108. La condanna per responsabilità aggravata nei suoi diversi ambiti .... . 3129. La prospettiva sanzionatoria e il fine dissuasivo dell’abuso del diritto di
difesa ...................................... . 31510. I criteri applicabili ai fini della determinazione dell’importo della condanna . . 31611. Il profilo di incostituzionalità della norma ex art. 96 c.p.c. esaminato dal
giudice delle leggi ............................... . 31911.1. L’inammissibilità della questione di legittimità costituzionale della norma ex art. 96, comma 3, c.p.c. .................. . 32212. I limiti applicativi della norma ........................ . 32412.1. L’applicazione della norma ...................... . 32512.2. L’infondatezza della domanda .................... . 328INDICE SOMMARIO
X
13. La condanna del giudice al pagamento di una somma: il caso della mancata
adesione a negoziazione assistita ....................... . 329
13.1. La condanna e l’esercizio del potere officioso del giudice .... . 332
14. La natura della condanna prevista dalla norma .............. . 335
15. La violazione delle finalità dello strumento processuale ......... . 336
16. L’id est non intelligere quod omnes intellegunt ............... . 339
16.1. La determinazione equitativa della condanna ........... . 340
16.2. Le condotte processuali “distanti†da principi pacifici ...... . 341
16.3. L’applicazione della norma ex art. 385, comma 4, c.p.c. abrogata . 342
17. Il punto sullo stato della disciplina in materia di responsabilità aggravata
alla luce della Riforma del processo civile ................. . 344
17.1. Nuova sanzione per i processi pretestuosi che veicolino danni
all’Amministrazione della giustizia .................. . 348
CAPITOLO 10
CASI PRATICI IN MATERIA DI LITE TEMERARIA
1. La condanna per responsabilità aggravata richiede sempre il presupposto
della formulazione dell’istanza della parte ................. . 351
2. La responsabilità processuale aggravata del creditore esecutante: le condizioni ....................................... . 353
3. L’accertamento della responsabilità processuale aggravata è incensurabile
in sede di legittimità se sorretto da adeguata motivazione ........ . 355
4. Il giudice competente a conoscere della domanda risarcitoria proposta ex
art. 96 c.p.c. .................................. . 357
5. I presupposti che integrano la configurabilità della responsabilità processuale aggravata di cui all’art. 96, comma 2, c.p.c. ............. . 365
6. Responsabilità aggravata e iscrizione di ipoteca giudiziale ........ . 373
7. La responsabilità aggravata del creditore per sproporzione dell’iscrizione
d’ipoteca sui beni del debitore rispetto alla misura del credito ..... . 377
8. Lite temeraria e giudizio di Cassazione ................... . 383
9. I criteri di determinazione dell’importo della condanna ......... . 386
10. Non è necessaria ai fini della condanna la proposizione della domanda di
parte ....................................... . 389
11. Revoca dell’ammissione al patrocinio a spese dello Stato per avere la parte
agito o resistito in giudizio con malafede o colpa grave ......... . 392
12. L’abuso del diritto di impugnazione ed il suo contenuto ......... . 395
13. Determinazione in via equitativa della somma oggetto della condanna:
criteri ...................................... . 398
Indice analitico .................................... . 403
INDICE SOMMARIO
XI
INTRODUZIONE
Il codificatore, con la disposizione ex art. 96 c.p.c., ha previsto,
com’è noto, nei primi due commi (i quali, in origine, componevano
detta previsione), due distinte fattispecie di responsabilità processuale
della parte soccombente.
A queste due tradizionali figure, poi, il legislatore della riforma del
2009, ha aggiunto una ulteriore fattispecie ex art. 96, comma 3, c.p.c.,
come appunto introdotto dalla l. n. 69/2009, art. 45, comma 12.
Quest’ultima fattispecie, in modo particolare, sebbene segua, nel
testo della disposizione e sotto lo stesso titolo, le forme di responsabilità aggravata originariamente previste, nella realtà si distingue interamente da esse sia in quanto a presupposti sia in quanto a funzione.
Con i primi due commi, infatti, si configurano due fattispecie di
responsabilità risarcitoria. Queste, in specie, trovano loro collocazione,
per genere, nell’ambito della responsabilità aquiliana o per fatti illeciti.
Così, in modo specifico, con la norma ex art. 96, comma 1, c.p.c.,
è dettata la regola generale, secondo la quale qualora risulti che la parte
soccombente abbia agito, o resistito in giudizio, con mala fede o colpa
grave, il giudice, su istanza dell’altra parte, ne decreta la condanna,
oltreché alle spese, al risarcimento dei danni, che liquida, anche
d’ufficio, nella sentenza.
Con il successivo comma 2, poi, si annoverano talune ipotesi
speciali di responsabilità processuale che il codificatore medesimo ha
ritenuto opportuno sottoporre a separata disciplina, in ragione del fatto
che riguardano determinate condotte processuali, che per la loro
particolare aggressività si rivelano tali da arrecare grave danno a quella
parte che le subisca, sanzionandole con il richiedere, ai fini del risarcimento del danno, non più che la parte abbia agito con mala fede o
colpa grave, ma solo che abbia agito in difetto della comune prudenza. Quindi, il giudice che provveda all’accertamento della non esistenza di quel diritto, in ragione del quale sia così stato eseguito un
1
provvedimento cautelare, oppure trascritta domanda giudiziale oiscritta ipoteca giudiziale, oppure iniziata o compiuta l’esecuzioneforzata, su istanza della parte danneggiata, provvede alla condanna al
risarcimento dei relativi danni, l’attore od il creditore procedente, il
quale abbia così agito in difetto appunto della normale prudenza.
Sono due figure iuris, le quali soddisfano senza dubbio, unafunzione risarcitoria e che hanno un loro inquadramento in seno allasfera della responsabilità extracontrattuale, per violazione, in specie,
del generale precetto del neminem laedere. Dette figure, dunque, riguardano la condotta processuale dellaparte soccombente e costituiscono così delle figure speciali della piùgenerale responsabilità per fatto illecito, previsto dalla norma ex art.
2043 c.c.
In coerenza con la loro natura risarcitoria, le figure delle quali si
argomenta, di responsabilità aggravata ex art. 96, commi 1 e 2, c.p.c.,
rimangono avvinte alla domanda della parte interessata. Ne è, infatti,
esclusa una pronuncia che avvenga d’ufficio.
Ancora, si aggiunge come la parte vittoriosa, la quale assuma di
avere sofferto danno dalla condotta processuale della parte soccombente, è gravata dell’onere di allegare e provare l’esistenza di quei
presupposti normativamente definiti e relativi appunto alla responsabilità della controparte. Si tratta, in specie, della esistenza dell’elementooggettivo e di quello soggettivo della stessa fattispecie.
In realtà , allo scopo di giungere all’esito del conseguimento del
risarcimento del danno, la parte che abbia ottenuto esito favorevole di
causa, è chiamata — da una parte — a fornire allegazione e provadell’esistenza e dell’entità di un danno effettivo patito, nonché del
nesso di causalità tra l’illecita condotta processuale del soccombente edil danno medesimo; dall’altra, quella stessa parte, è tenuta ad allegare eprovare la esistenza dell’elemento soggettivo della fattispecie. Questo,
a sua volta, rappresentato, limitatamente alla figura di cui alla norma exart. 96, comma 1, c.p.c. dalla mala fede o dalla colpa grave, mentre per
la successiva fattispecie ex art. 96, comma 2, c.p.c., è rappresentatodalla mancanza di normale prudenza.
Quindi, in presenza di fattispecie di responsabilità aggravata,
articolate secondo l’anzidetta modalità , le quali impongono alla partevittoriosa degli oneri probatori di ampio spessore, le stesse figure di
responsabilità aggravata, sì come delineate dai primi due commi dellaLITE TEMERARIA E RESPONSABILITÀ PROCESSUALE AGGRAVATA
2
medesima disposizione di rito ex art. 96 c.p.c., hanno ricevuto e
ricevono nella vita pratica, un’applicazione alquanto limitata. * * * * * * L’evoluzione legislativa nel 2006 ha registrato poi un ulteriore
“sobbalzoâ€, nel senso che il legislatore, nel quadro dell’arricchimento
del potenziale nomofilattico della Cassazione e nello stesso tentativo di
arginare la propensione alla presentazione di ricorsi, ha previsto (d.l. n.
40/2006), l’aggiunta alla norma di cui all’art. 385 c.p.c., del quarto
comma con cui è stata configurata una nuova fattispecie di responsabilità aggravata della parte soccombente, limitata questa al solo ambito
del giudizio di cassazione. Secondo la previsione da ultimo citata (ora abrogata), la Suprema
Corte, quando pronuncia sulle spese, anche nelle ipotesi ex art. 375
c.p.c. (1) condanna, anche d’ufficio, altresì la parte soccombente, a
favore dell’altra parte, al pagamento di una somma, la quale è determinata in via equitativa, non superiore al doppio dei massimi tariffari.
Tanto, qualora la stessa Corte ritenga che la parte soccombente abbia
proposto il ricorso, oppure vi abbia resistito, anche solo con colpa
grave.
La ratio della disposizione fu quella di agire sotto il profilo
economico, al fine di scoraggiare il ricorso alla proposizione di ricorsi
manifestamente infondati oppure inammissibili.
(
1) Ai sensi dell’art. 35, comma 6, d.lgs. n. 149/2022, come modificato dalla l. n.
197/2022, in materia di riforma del processo civile: « Gli artt. 372, 375, 376, 377, 378,
379, 380, 380-bis, 380-bis.1, 380-ter, 390 e 391-bis del codice di procedura civile, come
modificati o abrogati dal presente decreto, si applicano anche ai giudizi introdotti con
ricorso già notificato alla data del 1° gennaio 2023 per i quali non è stata ancora fissata
udienza o adunanza in camera di consiglio ». Opportuno puntualizzare anche sull’evoluzione impressa dal legislatore alla disciplina in tema di giustizia. Il c.d. decreto
“Milleproroghe†per l’anno 2023 (d.l. n. 198/2022, art. 8, commi 8 e 9, ancora in fase
di conversione al momento della stesura di queste note), ha previsto che le disposizioni
contemplate dalla norma (ex art. 221, comma 8, d.l. n. 34/2020, conv. con modif., dalla
l. n. 77/2020), nonché quelle di cui alla successiva previsione (ex art. 23, commi 8-bis, primo, secondo, terzo e quarto periodo, e 9-bis, del d.l. n. 137/2020, conv., con modif.,
dalla l. n. 176/2020), continuino a trovare applicazione « rispettivamente, alle udienze
e alle camere di consiglio da svolgere fino al 30 giugno 2023 e alle formule esecutive
rilasciate fino al 28 febbraio 2023, fermo restando quanto disposto dall’art. 35, comma
1, del decreto legislativo 10 ottobre 2022, n. 149 ».
INTRODUZIONE
3
Detta norma, tuttavia, configurava una fattispecie di responsabilità processuale, la quale non conservava alcun elemento comune con lefattispecie, già previste e regolate dalla previsione ex art. 96, commi 1e 2, c.p.c.
In quest’ultimo senso, acquistava valore decisivo il rilievo secondocui la condanna ex art. 385, comma 4, c.p.c. (ora abrogata), nonrichiedeva quale presupposto la sussistenza di un danno sofferto daquella parte che avesse conseguito esito vittorioso e dipendente dallacondotta illecita, dal punto di vista processuale, di quella parte che,
invece, fosse risultata soccombente.
Quindi, la pronuncia relativa alla condanna, non restava neppuresubordinata alla proposizione di apposita domanda della parte, potendo, al contrario, essere pronunciata d’ufficio dal giudice.
Quelli dinanzi riassunti, hanno rappresentato, pertanto, gli elementi i quali hanno connotato la fattispecie giuridica richiamata ex art.
385, comma 4, cit. (ora abrogata). Gli stessi elementi, quindi, muovevano nel senso di escludere che detta fattispecie potesse conservare unafunzione risarcitoria del danno sofferto dalla parte vittoriosa e chepotesse così essere inquadrata in chiave di species a genus della generalefigura della responsabilità aquiliana.
La figura di responsabilità processuale ex art. 385, comma 4, cit.,
ora abrogata, possedeva, in realtà , una funzione sanzionatoria dell’abuso del processo che la parte soccombente avesse posto in essere,
nell’ambito del giudizio di legittimità .
Quindi, la condanna che il giudice irrogava sulla base della previsione abrogata ex art. 385, comma 4, c.p.c., possedeva una sua specificanatura, ossia di sanzione di ordine pubblico, la comminazione dellaquale avveniva nell’interesse generale, al fine di giungere ad unarepressione del fenomeno dell’abuso del ricorso per cassazione.
Si trattava, in definitiva, di un tipo di sanzione processuale per
l’abuso del giudizio di Cassazione. Infatti, la misura della sanzione dairrogare non si prevedeva dovesse essere rapportata (come invecestabilito nei primi due commi della norma ex art. 96 c.p.c.) all’entità del
danno oggetto del relativo risarcimento, essendo indipendente daquesto. La norma, inoltre, mancava di fare parola della liquidazione del
danno (come nel caso della previsione ex art. 96, commi 1 e 2, c.p.c.),
facendo invece riferimento al pagamento di una somma determinata invia equitativa, purché non superiore ai massimi tariffari, indipendenteLITE TEMERARIA E RESPONSABILITÀ PROCESSUALE AGGRAVATA
4
dalla sussistenza e dalla stessa entità di un danno sofferto dalla parte
vittoriosa.
Il solo elemento che sembrava accomunare le diverse fattispecie
(quella di cui alla norma ora abr. ex art. 385, comma 4, c.p.c. e quelle di
cui all’art. 96, commi 1 e 2, c.p.c.), era rappresentato da quello soggettivo
che la legge richiedeva al fine dell’integrazione della fattispecie.
La norma ora abrogata ex art. 385, comma 4, cit., infatti, richiedeva
ancora (come nel caso della disposizione ex art. 96, comma 1, c.p.c.),
che la parte soccombente avesse agito o resistito in giudizio nel primo
caso, proposto il ricorso o vi avesse resistito almeno con colpa grave,
nell’altro. Era quindi necessaria la dimostrazione, eventualmente in via
indiziaria, che la parte che fosse risultata soccombente, avesse agito, se
non con dolo, almeno con colpa grave. Una formula, questa, che
lasciava intendere la sussistenza di una condotta contraria in modo
consapevole alle regole generali di correttezza e buona fede, tali da
risolversi in un uso strumentale ed illecito del processo, in violazione
del dovere di solidarietà ex art. 2 Cost.
La funzione sanzionatoria di ordine pubblico assolta dalla figura
normativa ex art. 385, comma 4 c.p.c., non sembrò, peraltro, neppure
contraddetta dalla circostanza per cui la somma equitativamente determinata dovesse essere corrisposta non in favore dell’erario pubblico,
come pure sarebbe parso in astratto più coerente, bensì alla controparte.
Si trattò, quella di cui in ultimo, di un tipo di soluzione alla quale
il legislatore ritenne di accedere, allo scopo di liberare gli uffici pubblici
dagli oneri di complesse esazioni e per assicurare una più sicura
riscossione della sanzione, sull’onda dell’interesse da cui muoveva la
parte che aveva conseguito vittoria di causa.
Si trattò di fattispecie, la quale ne riuscì anche semplificata, rispetto
a quanto statuito dai primi due commi della norma di rito ex art. 96
c.p.c.
Tuttavia, la stessa disposizione ex art. 385, comma 4, c.p.c., rimase
del tutto inoperante, salvo casi che si ritennero marginali. La ragione di
tale condizione venne individuata nel fatto che la norma fu accompagnata da un diritto transitorio, il quale senza aver cura della circostanza
per cui la disposizione rimaneva prevista in via esclusiva per il solo
giudizio di cassazione, ne previde la retrodatazione a quelle sole cause
il cui inizio fosse avvenuto in prime cure, dopo la data dell’entrata in
INTRODUZIONE
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vigore della previsione ex d.l. n. 40/2006. La norma, inoltre, ebbe vitaalquanto breve, poiché di essa fu in seguito disposta l’abrogazione exl.
n. 69/2009, art. 46. Altra ragione, inoltre, fu poi quella secondo cui lafattispecie configurata dalla disposizione ex art. 385, comma 4, cit.,
continuò a richiedere l’accertamento della colpa grave della partesoccombente. La norma, quindi, pretendeva dal giudice, un giudizio intermini di negligenza e di colposità della condotta posta in essere dallaparte e, per questa stessa, dal relativo difensore. Un giudizio, questo,
che non sempre si risolveva formulabile in termini di semplicità . * * * * * * Tenuto conto delle difficoltà sul terreno applicativo delineatesi, il
legislatore è poi nuovamente intervenuto configurando il comma terzoalla norma ex art. 96 c.p.c., come introdotto dalla disposizione ex art.
46, comma 12, l. n. 69/2009, in particolare prevedendo in questo modouna nuova figura di responsabilità aggravata.
Con questa disposizione, quindi, il legislatore della riforma del
2009 intese, ad un tempo, generalizzare e dunque estendere ad ogni
grado di giudizio, la stessa possibilità per il giudice di reprimere latendenza all’abuso del processo, attraverso un tipo di condanna di
natura sanzionatoria, in favore della parte vittoriosa.
In coerenza con tale orientamento, lo stesso legislatore, provvideanche all’abrogazione dell’altra disposizione di rito ex art. 385, comma4, c.p.c.; quest’ultima previsione riservata al solo giudizio di cassazione.
La disposizione custodita dal terzo comma della norma ex art. 96cit. apportò un ulteriore contributo di semplificazione della fattispecie,
rispetto a quanto già statuito con la norma ex art. 385 cit., rendendopossibile così un’applicazione più agevole della stessa previsione.
La figura di responsabilità processuale ex art. 96, comma 3, c.p.c.,
mosse i suoi passi nel solco della figura che, in certo qual modo, ne ful’antesignana ex art. 385, comma 4, c.p.c.
L’anzidetta disposizione di cui al comma 3 dell’art. 96 c.p.c.
stabilisce, così, che il giudice, quando si pronuncia sulle spese ex art. 91c.p.c., può altresì condannare la parte risultata soccombente al pagamento in favore della controparte di una somma determinata in viaequitativa. Come poi accadeva con la fattispecie ex art. 385, comma 4, c.p.c.,
LITE TEMERARIA E RESPONSABILITÀ PROCESSUALE AGGRAVATA
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anche quella di cui alla norma ex art. 96 comma 3, cit. integra una
figura iuris, la quale si tiene lontana dalla responsabilità aquiliana.
La norma, più che altro, delinea un tipo di sanzione di ordine
pubblico, prevista per uno scopo di deflazione del contenzioso nell’interesse pubblico, volto a reprimere l’abuso del processo e le altre
condotte di carattere processuale, le quali cagionino una violazione
delle stesse regole del giusto processo e della ragionevole durata di
questo.
Attraverso l’istituto del quale si argomenta ex art. 96, comma 3,
c.p.c., intento del legislatore è parso piuttosto quello di rendere al
giudice la disponibilità di uno strumento, utile ai fini della repressione,
nello stesso generale interesse collettivo, del fenomeno del c.d. abuso
del processo.
Tale abuso, si concreta in relazione a quelle ipotesi nelle quali
l’impiego stesso dello strumento processuale è piegato a delle finalitÃ
devianti, rispetto all’ordinario fine di esso, costituito dalla normale
tutela di diritti ed interessi legittimi, per cui la stessa norma costituzionale ex art. 24, comma 1, Cost., appresta garanzia del ricorso al giudice.
Si tratta di una visione peculiare dell’istituto del quale ci occupiamo, che fu assunta quale propria dallo stesso indirizzo della Corte
delle leggi, la quale (sent. n. 252/2016), nel prestare dichiarazione di
non fondatezza della questione di legittimità costituzionale della norma
ex art. 96, comma 3, c.p.c.., in relazione alle previsioni ex artt. 3, 24 e
111 Cost., tenne a sottolineare che, natura della disposizione in esame,
fosse non tanto quella risarcitoria del danno provocato alla controparte
a mezzo della proposizione appunto di una lite temeraria, ma piuttosto
e più propriamente quella sanzionatoria delle condotte di coloro i
quali, abusando appunto del diritto di azione e di quello di difesa,
utilizzino lo stesso strumento processuale per perseguire delle finalitÃ
dilatorie, appesantendo in tal modo il volume del contenzioso.
Tanto, secondo il ragionamento dello stesso giudice costituzionale,
risulterebbe confermato, sotto il profilo testuale, dal riferimento al
pagamento di una somma, che traccia una chiara diversità terminologica, rispetto alla voce del risarcimento dei danni, contenuta nei due
precedenti commi della medesima previsione normativa ex art. 96 cit.,
così anche con riguardo alla stessa adottabilità della condanna anzidetta, anche d’ufficio. Ciò che sottrae questa stessa alla necessitÃ
dell’impulso di parte, certificandone così la finalizzazione alla tutela di
INTRODUZIONE
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un interesse trascendente quello della stessa parte, contrassegnato, di
più, da connotati di ordine pubblicistico.
La Corte delle leggi ha poi anche rilevato come la motivazione chespinse il legislatore a porre in favore della controparte la condannadella parte soccombente, fosse in termini plausibili da ricondurre al finedi assicurare una maggiore effettività ed una più incisiva efficacia di
deterrenza allo strumento deflattivo, sul presupposto verosimile che laparte che abbia conseguito vittoria di causa possa giungere al risultatodella riscossione in tempi ed in base ad oneri, inferiori, rispetto a quelli
gravanti sulla parte pubblica.
Secondo ancora il giudice costituzionale, l’istituto così strutturato,
appariva suscettibile di rispondere anche ad una concorrente finalità indennitaria nei riguardi della parte vittoriosa, la quale fosse statadanneggiata da una chiamata in giudizio priva di giustificazione, inquelle ipotesi, non del tutto infrequenti, in cui la stessa avrebbe avutodifficoltà a soddisfare l’onere probatorio, ai fini del risarcimento per litetemeraria, relativo all’an oppure al quantum del danno sofferto.
Il legislatore, tuttavia, con la previsione custodita dal terzo commaex art. 96 cit., è parso aver mancato di recepire in modo completo il
testo della previgente disposizione ex art. 385, comma 4, c.p.c. Sul
punto, si osserva come sia presente un sensibile elemento di discontinuità tra il testo della norma ex art. 96, comma 3, c.p.c. e quello dellaprevisione ex art. 385, comma 4, c.p.c.
Il predetto elemento di discontinuità , si concreta nel fatto che lafattispecie ex art. 96, comma 3, c.p.c., manca di prevedere alcun aspettosoggettivo quale elemento costitutivo di essa. Quindi, la norma escludela necessità , ai fini del pagamento di una somma, la cui misura siadefinita in via equitativa, che la parte soccombente abbia agito oresistito in giudizio con colpa grave.
Tuttavia, alcune voci hanno perorato la tesi secondo la quale i
presupposti utili ai fini dell’applicazione dell’istituto ex art. 96, comma3, c.p.c., sarebbero pur sempre contenuti nella mala fede o colpa grave,
previsti dalla stessa previsione ex art. 96, comma 1, c.p.c. Si tratta, però,
di un tipo di interpretazione della norma, la quale è però parsamanipolativa, sembrando porsi persino in contrasto con gli stessi dati
testuali.
In particolare, si argomenta così che l’idea stessa che nella fattispecie qui in considerazione ex art. 96, comma 3, c.p.c. sia potutoLITE TEMERARIA E RESPONSABILITÀ PROCESSUALE AGGRAVATA
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sopravvivere l’elemento soggettivo (di cui ai primi due commi della
stessa norma ex art. 96 cit., sembra essere smentita dalla stessa volontÃ
legislativa, a sua volta inequivoca nel senso di sopprimere qualsivoglia
riferimento al profilo soggettivo di responsabilità .
A tale ultimo riguardo, si è così osservato come l’elemento soggettivo della colpa grave, era entrato con la norma (d.l. n. 40/2006) dalla
disposizione ex art. 96, comma 1, c.p.c. in quella ex art. 385, comma 4,
c.p.c.
Il fatto poi che il legislatore della riforma del 2009, nel procedere
alla ricollocazione del testo della norma ex art. 385, comma 4, c.p.c.
nell’ambito della previsione ex art. 96 c.p.c., abbia mancato di ripetere
l’elemento della colpa grave in quella disposizione previsto, non può
imputarsi ad una mera dimenticanza. Ciò, invece, si è inteso costituisse
una scelta legislativa assunta nel quadro della semplificazione della
fattispecie, al fine di consentire una facile applicazione dello stesso
istituto.
Ancora, si è osservato come l’avviso dinanzi richiamato, sembrasse
essere smentito dallo stesso inciso “in ogni casoâ€, con cui la disposizione è iniziata e che, secondo corretti canoni interpretativi, non può
che significare quanto previsto, al di fuori di ciò che è statuito dai
commi che precedono, ossia a prescindere dai presupposti richiesti dai
primi due commi della stessa norma ex art. 96 c.p.c.
La disposizione contemplata dal terzo comma della norma in
esame, la quale stabilisce che il giudice pronunci condanna quando
pronuncia sulle spese ex art. 91 c.p.c., da un lato postula che vi sia stata
condanna della parte soccombente all’integrale pagamento delle spese
processuali e che non vi siano state ragioni per compensarle, neppure
parzialmente; dall’altro, lascia intendere l’applicabilità della disposizione a tutte quelle ipotesi di soccombenza, a prescindere da ogni
valutazione circa la mala fede o la colpa grave della parte.
Conferma, infine, della volontà legislativa di non esigere più dal
giudice l’accertamento della mala fede o della colpa grave del soccombente, si è intesa ricavare dagli stessi lavori parlamentari, i quali hanno
appunto preceduto l’approvazione della legge. Ciò, in modo particolare, dalla circostanza che, nel corso dei lavori parlamentari l’incipit
della norma ex art. 96, comma 3, cit. fu sottoposto a modifiche e
sostituzione con il testo odierno.
INTRODUZIONE
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In definitiva, si è così ritenuto che rispetto alla norma ex art. 96,
comma 3, cit., il legislatore non ha inteso configurare una fattispecieancillare rispetto alle figure risarcitorie previste con i primi due commi
della norma, ma soltanto una figura di responsabilità , la quale fosse così
indipendente ed autonoma e che annovera una sanzione avente naturapubblicistica, sfornita della natura risarcitoria, destinata a reprimere laparte soccombente la quale abbia abusato dello stesso strumentoprocessuale.
Nel dare applicazione alla norma in considerazione, di cui al terzocomma dell’art. 96 cit., il giudice, quindi, non è chiamato a soddisfarespecifici oneri, tanto più complessi, costituiti da apprezzamenti inerenti
alla colposità ed alla negligenza del comportamento della parte e del
difensore di questa.
Al contrario, il giudice è tenuto ad esprimere una valutazione insenso oggettivo, relativa alla sussistenza di un abuso del processo,
appunto, sì come derivante dall’insieme degli atti processuali, nonchédal contenuto di essi.
Dalla diversa natura delle due fattispecie statuite con i primi duecommi della norma ripetuta ex art. 96 c.p.c., rispetto alla fattispeciedefinita con il successivo terzo comma della medesima norma, deriva lastessa cumulabilità delle condanne (al risarcimento del danno ex art.
96, commi 1 o 2; quella al pagamento di una somma determinata in viaequitativa, ex art. 96, comma 3, c.p.c.).
In questo modo, quest’ultima disposizione, si risolve per affidare al
giudice un più ampio potere discrezionale, l’esercizio del quale deve,
però, seguire i canoni della dovuta ragionevolezza. Se non occorre chequesti accerti che la parte soccombente, abbia agito in giudizio oresistito con mala fede o colpa grave ex art. 96, comma 1, c.p.c. oppurein difetto della normale prudenza ex art. 96, comma 2, c.p.c. tanto perònon significa che la semplice infondatezza della domanda oppure delladifesa, possa tradursi in una responsabilità ex art. 96, comma 3, c.p.c.
L’assenza della necessità di ricorrere ad un accertamento del
profilo soggettivo di responsabilità , importa semplicemente che il
giudice, all’atto della verifica della sussistenza delle condizioni per lapronuncia della condanna ex art. 96, comma 3, c.p.c., deve prescinderedallo stesso compimento di una qualche indagine, in ordine allapresenza dell’elemento psicologico colposo.
LITE TEMERARIA E RESPONSABILITÀ PROCESSUALE AGGRAVATA
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La condanna, infatti, può essere pronunciata tutte le volte in cui,
oggettivamente, risulti che si sia agito, oppure resistito in giudizio in
modo pretestuoso, con abuso dello strumento processuale.
Coloro i quali propongano domande od eccezioni oppure formulino delle difese, le quali si rivelino di tutta evidenza come inammissibili, oppure manifestamente infondate (vuoi sotto il profilo giuridico,
poiché proposte in completa carenza dei presupposti previsti dalla
legge; vuoi sotto quello fattuale, ad es. allegando fatti di cui si accerti la
chiara falsità ), incorrono in responsabilità processuale.
Tra detti soggetti sicuramente ve ne saranno alcuni il cui agire
potrà essere stato accompagnato da mala fede o colpa grave, oppure
mancante della normale prudenza. Tuttavia, il giudice è investito del
compito di formare un giudizio, il quale riguarda la condotta processuale, intesa questa nel suo carattere oggettivo e non, invece, con
riguardo all’atteggiamento psicologico di mala fede oppure di negligenza, che assume portata, più o meno, grave della parte medesima.
Lo stesso importo della sanzione da irrogare, limitatamente alla
determinazione di esso, resta devoluto alla discrezionalità del giudice.
Sul punto si osserva come, diversamente da quanto statuiva la norma ex
art. 385, comma 4, c.p.c., per cui la somma che venisse determinata
equitativamente dal giudice, era comunque destinata a mantenersi
entro i limiti del doppio dei massimi tariffari previsti per i compensi dei
difensori, nessun limite di ordine quantitativo (né massimo né minimo)
è invece statuito dalla norma ex art. 96, comma 3, c.p.c.
Tuttavia, nell’ambito della definizione della sanzione, il giudice
deve osservare il canone equitativo. La sanzione, in specie, può essere
calibrata, anche sull’importo delle spese processuali, oppure su di un
multiplo di queste, non potendo in nessun caso superare il limite della
ragionevolezza. * * * * * * La costruzione della norma ex art. 96 c.p.c. che precede la riforma
del 2022 del processo civile, è dunque tale da offrire una struttura di
essa all’interno della quale non si prevede, tra le diverse forme di
responsabilità configurate, quella verso il pubblico erario. La norma,
cioè, non prevede che possa giungersi ad una condanna in favore
dell’erario. Questa condizione sollevò riflessioni critiche, nel senso che si
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ritenne come la mancata previsione di una disposizione che statuisse lacondanna in favore della parte pubblica, potesse risolversi in una sortadi “neutralizzazione†degli effetti della condanna (pronunciata ai sensi
della disposizione di cui al comma 3 dell’art. 96 c.p.c.). Il che si
paventava potesse accadere con riguardo all’ipotesi in cui si fosserealizzata una situazione, nella quale tutti i soggetti interessati alla lite,
avessero abusato dello strumento processuale.
L’insorgenza della descritta situazione e, più in generale, il dannoche al funzionamento del sistema giustizia discende dall’abuso dellostrumento processuale, ha, in specie, modo di avere conseguenze,
riguardo non solamente al giudizio nell’ambito del quale ha luogo il
prodursi di un tale fenomeno, ma anche riguardo agli altri procedimenti, che si coltivano tra altre parti e per temi diversi. Questi ultimi,
infatti, subiscono gli effetti riflessi (o indiretti) della situazione poc’anzi
richiamata, in termini di ritardi causati dal comportamento processualedi quelle parti che ricorrono a tale mezzo in modo del tutto pretestuosoe strumentale, con la conseguenza di produrre un sovraccarico di
procedimenti pendenti dinanzi ai diversi Uffici giudiziari.
Una delle critiche, ancora, che si mosse alla norma contemplata dal
terzo comma dell’art. 96 c.p.c., fu quella per cui la stessa avrebbeintrodotto, nell’ambito del processo civile, una fattispecie a caratterefondamentalmente sanzionatorio. Questa, in particolare, avrebbe finitocon il discostarsi dalla struttura tipica dell’illecito civile propria dellaresponsabilità aggravata come riferita ai primi due commi (della stessadisposizione ex art. 96 cit.). Essa, quindi, avrebbe così concluso con il
confluire nella diversa fattispecie impegnata dalle c.d. condanne afflittive.Ciò, in quanto lo scopo della previsione sarebbe quindi stato quellodi operare, nel senso di scoraggiare l’abuso del processo, a tutela,
questo, del pubblico interesse, finalizzato, nella specie, al buon andamento della giustizia civile, nonché al giusto processo ex art. 111 Cost.
Su tale premessa si mossero orientamenti i quali invocavano l’intervento della stessa Corte delle leggi, cui si chiedeva sostanzialmente losvolgimento di un’opera di emendazione della norma, nel senso chedella condanna, seguita alla lesione dell’interesse dello Stato al giustoprocesso, situazione questa da cui tutti soffrono conseguenze negativeai rispettivi interessi, potesse avvantaggiarsene lo stesso Stato e laLITE TEMERARIA E RESPONSABILITÀ PROCESSUALE AGGRAVATA
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comunità nazionale da esso rappresentata e che, attraverso la giurisdizione, garantisce.
Ciò, ovviamente, si sosteneva, da porsi al posto della parte privata,
in quanto, si sottolineava, la parte privata medesima possiede altri
strumenti, utili a reagire all’abuso consumato dall’altra parte.
In tale ambito, perciò, si faceva appello all’orientamento, formatosi
nella sede di legittimità , e secondo cui la condanna, prevista dalla
norma ex art. 96, comma 3, c.p.c., possiederebbe natura sanzionatoria
ed officiosa. Tanto, implicherebbe così come la stessa presupporrebbe la malafede o la colpa grave della parte soccombente, senza anche corrispondere, tuttavia, ad un diritto d’azione della parte vittoriosa. Alla funzione assolta dalla previsione in questione, pertanto, non si è ritenuto
dovesse essere annessa, quella risarcitoria del danno sofferto e comprovato dalla parte che abbia conseguito esito finale di vittoria di causa.
Una funzione, quest’ultima, soddisfatta dai primi due commi della
norma ex art. 96 cit. Si è ritenuto, perciò, che la funzione propria della
disposizione normativa di cui al terzo comma ex art. 96 cit., fosse
piuttosto quella ulteriore di presidiare al processo civile rispetto ad un
possibile abuso processuale e, inoltre, di soddisfare lo stesso interesse
pubblico al buon andamento della giurisdizione.
L’intervento novellatore operato dal legislatore delegato, si è ora
tradotto nell’inserimento di un quarto comma ai preesistenti tre della
norma ex art. 96 c.p.c., il cui fine sembra muovere proprio nella
direzione di “correggere†il tipo di “indirizzo†che presentava il dato
positivo, appunto nella sua veste strutturale precedente al varo della
riforma del processo civile del 2022. In particolare, l’aggiunta del
quarto comma rende attuazione alla previsione recata dalla legge delega
(art. 1, comma 21, lett. a), l. n. 206/2021).
Il legislatore delegato ha, infatti, previsto che, con riguardo ai casi
di responsabilità aggravata, la cui disciplina si trova definita nei primi
tre commi della norma ex art. 96 cit., si rende possibile infliggere alla
parte che abbia sofferto esito di soccombenza, una sanzione pecuniaria.
Detta sanzione, deve oscillare tra un minimo (non inferiore, cioè,
ad euro 500,00) ed un massimo (non superiore ad euro 5.000,00).
L’importo della sanzione dovrà , quindi, essere versato a favore
della cassa delle ammende a compensazione del danno arrecato all’AmINTRODUZIONE
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ministrazione della giustizia in relazione all’impiego delle risorse utilizzate nell’ambito della gestione del processo.
In questo senso, quindi, si pone ora il dato positivo (comma 4dell’art. 96 c.p.c. aggiunto dal d.lgs. n. 149/2022, art. 3, comma 6, di
attuazione della legge delega n. 206/2021). Norma, questa che, cometutte le altre previste dal d.lgs. n. 149/2022 cit., di attuazione della leggedelega anzidetta, salvo che la legge non disponga diversamente, haeffetto a decorrere dal 28 febbraio 2023. La stessa trova applicazioneper i procedimenti la cui introduzione avvenga successivamente a taledata, mentre con riguardo ai procedimenti pendenti a quella datacontinua ad osservarsi il precedente regime disciplinare. In questosenso ha disposto, da ultimo, il legislatore (art. 1, comma 380, lett. a),
l. n. 197/2022), sostituendo il testo originario della norma (ex art. 35d.lgs. n. 149 cit.) con quello odierno, vigente.
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